Maggio 2013
In attesa che gli impegni che attanagliano le vite di noi poveri
escursionisti senza confini ci permettano di tornare sui sentieri di
montagna, vi proponiamo un’escursione fatta alcuni mesi fa, quando
gli escursionisti senza confini non c’erano ancora formalmente, ma
lo spirito già era in loro. Nel maggio 2013 uno dei futuri
escursionisti senza confini - da poco laureato e al momento
disoccupato, in attesa di un dottorato che è tipo Atlantide (cioè
non si sa se c’è o non c’è ma più probabilmente non c’è),
anche grazie alle fantastiche politiche di distruzione
dell’istruzione attuate dai vari italici governi da vent’anni a
questa parte - insieme a un suo amico decisero di impegnare per una
volta il tempo in modo produttivo partecipando a un campo di lavoro
in Val Codera (SO) per la riqualificazione della Valle. Detta in
parole povere: dissodare terreni, sgranare mais e poco altro.
Insomma, dopo tanta intellettualità (se non intellettualismo)
dettata dalla formazione umanistica universitaria palesemente contro
l’esperienza reale del mondo, i due decisero, in un momento di
primitivismo acuto e di apparente masochismo, di scoprire come si
maneggia una vanga e di tentare di farsi venire i calli sulle mani.
Tuttavia, i due non se ne ebbero a pentire. Lo spirito di Simone
Pianetti e Zerzan calò su di loro, e così partirono.
Due
parole sulla Val Codera: questa valle può essere raggiunta solo in
elicottero o a piedi, attraverso un paio di sentieri, uno dei quali
verrà descritto in queste righe. Si tratta di una valle molto bella,
incassata tra le montagne in provincia di Sondrio, dove c’è
un’associazione che si sbatte per tenerla in vita: l’Associazione
degli amici della Val Codera. Alcuni di quest’ultimi organizzano
periodicamente dei campi di lavoro - così li chiamo io - ossia,
detto in parole povere: uno si tira insieme, muove il culo, va su,
raggiunge il rifugio “La Locanda” e, in cambio di vitto e
alloggio, fa i lavori che servono, come dissodare i piccoli campi
presenti nel paesino o nei suoi pressi, sgranare il mais, piantare
verdure varie e cose così. Ma andiamo con calma e ordine - un passo
dopo l’altro, con passo pesante.
Parcheggio
Come
si diceva prima, la Val Codera si raggiunge soltanto a piedi, poche
palle. Il paese dal quale è possibile prendere il sentiero è Novate
Mezzola (1.200 abitanti circa), in provincia di Sondrio. Noi siamo
giunti in loco in treno, preso da Milano Centrale (usare il treno in
questo caso è tutto sommato abbastanza comodo, ma non pensate di
poter tornare indietro in giornata, illusi!). Arrivati in stazione,
scendiamo dalla carrozza senza farci male e giriamo a sinistra sullo
stradone, verso il “centro” del paese. Da un lato abbiamo il lago
di Mezzola, che ha un suo perché, mentre dall’altro le montagne.
Arrivati alla prima strada di una certa dimensione che punta verso le
montagne, troviamo un supermercato. Là ci prendiamo un ottimo
paninazzo con salumi vari per affrontare con destrezza e soprattutto
leggerezza la salita, non senza aver fatto due chiacchiere con
un’amichevole autoctona sotto forma di una cassiera. Usciti,
continuiamo sulla strada asfaltata, che prende l’epico nome di Via
Ligoncio (all’inizio della suddetta via, a destra vi trovare il
supermercato di cui si è parlato prima, mentre a sinistra c’è una
farmacia, alle spalle avete la stazione e il lago, davanti le
montagne; la Val Codera è lì incastrata da qualche parte - insomma,
a prova di bollitura!). Seguiamo la strada asfaltata che sale
costantemente ma l’inclinazione è tutt’altro che impegnativa,
solo è un po’ lunga. Via Ligoncio diventa, dopo una decina di
minuti e un incrocio, via del Castello, dove vedrete un cartello, il
quale vi indica che dritto davanti a voi si prende il sentiero
diretto verso Codera, mentre se si va a destra si può fare il giro
da San Giorgio, decisamente più lungo a quanto ci dissero.
Ovviamente, da buoni ex-studenti, prendiamo il primo sentiero,
puntando dritti verso la nostra destinazione. Dopo pochi minuti, si
arriva ad un parcheggio, dove la strada asfaltata finisce - qui i
fortunati automuniti possono riporre il mezzo. Bene - siamo
all’imbocco del sentiero, il quale si trova sulla sinistra, di
fianco a un cantiere (maggio 2013) e inizia con alcuni scalini. Il
sentiero è segnato con i colori bianco + rosso.
Il
sentiero
Il
sentiero che porta su in Val Codera non è tecnicamente difficile, è
solo abbastanza faticoso, specie nella prima parte. In compenso è
praticamente impossibile perdersi, poiché è ben indicato e non ci
sono alternative: quello è e quello rimane. Sin dall’inizio il
cammino s’inoltra in un bosco pieno di castagni salendo a zig zag
sul costone della montagna; talvolta gli alberi si aprono e allora,
oltre a rendersi conto di quanto velocemente si sale, si gode di una
bellissima vista sul lago Mezzola. Il sentiero è fatto a gradoni per
tutta la prima parte, non presenta difficoltà, se non la fatica,
specie se si hanno grossi zaini addosso come avevamo noialtri.
L’unico pericolo è di scivolare in caso di pioggia (ovviamente i
vostri amati eroi se ne beccheranno tanta ma tanta in discesa), per
il resto andate tranquilli e prendete il tempo che vi serve. È una
salita continua, senza soste - si affrontano i gradini di pietra uno
alla volta, gradini messi e curati da generazioni di coraggiosi
individui che così hanno reso accessibile la montagna. Se il sudore
non vi avrà accecato, potrete notare tra l’altro che, praticamente
all’imbocco del sentiero, ai lati ci sono dei pietroni che una
volta formavano un muro: bene, trattasi dei resti del castello della
Val Codera, di cui rimane ben poco, che bloccava l’accesso alla
valle, un tempo strategica e contesa per tutta l’età moderna dai
vari signori locali. Superati i resti e la successiva cappelletta, in
località Sassei, procedete per il vostro cammino fino ad arrivare ad
un tratto dove il sentiero si inerpica lungo una parete di granito,
all’inizio del quale campeggia una simpatica scritta che dice:
“Evitare soste inutili, pericolo caduta massi”. Non
preoccupatevi, a noi non è caduto in testa nulla, tuttavia decidiamo
di seguire il consiglio del cartello ed evitiamo di bighellonare
sotto quelle pareti di roccia bianca con striature nere. In tutte le
zone più esposte (da un lato avete la parete rocciosa e dall’altro
il caro e buon vecchio nulla) ci sono comunque delle corde di
protezione alle quali potersi aggrappare, occhio soltanto ad un paio
che non sono proprio saldissime, perché i pali a cui sono attaccate
tendono a ballare (probabilmente verranno sistemati a breve). Come al
solito, in caso di pioggia state davvero attenti a non scivolare! La
vista è magnifica. Stiamo lentamente girando il costone della
montagna, entrando così in Val Codera. Un’informazione: come ci
spiegheranno in seguito, la valle era abitata fino agli anni Sessanta
da 700 abitanti, a Codera c’era addirittura una scuola elementare,
mentre la lista dei caduti provenienti dalla zona in quel macello che
fu la prima guerra mondiale è (troppo) numerosa. La maggior parte
degli adulti lavorava come scalpellino. Tuttavia, dopo la fine anni
Sessanta le cave hanno cominciato a chiudere e gli scalpellini a
morire di silicosi: ciò ha causato il progressivo spopolamento della
valle, che oggi conta davvero pochi abitanti fissi (mi pare poco più
di una decina in tutto). A questo proposito: ad un certo punto del
sentiero, mentre ci inerpichiamo lungo la parete di granito,
incontriamo una piccola scavatrice, abbandonata in uno slargo, la
quale venne portata qui diverse decine d’anni fa in elicottero
smontata, quindi montata, usata e poi abbandonata al suo destino.
Dopo questo tratto, si rientra nel bosco e il sentiero si fa
decisamente meno tirato. Arriviamo così ad incontrare un piccolo
gruppo di case, disabitato, di nome Avedè, dove c’è una fontana
d’acqua alla quale ci dissetiamo. L’acqua è buona e fresca.
Intanto che inghiottite per una volta qualcosa di diverso dalla
birra, girate il culo e contemplate dall’alto il lago di Mezzola -
dalla Val Codera, all’interno della quale state entrando, non lo
vedrete più. Procediamo in mezzo al bosco e avvistiamo Codera, la
nostra destinazione, che sembra vicinissima, ma non lo è. Il
sentiero ci gioca infatti un ultimo simpatico scherzo: per arrivare
al paese ci vogliono ancora tre quarti d’ora di sentiero in mezzo
ad una vegetazione abbastanza fitta, durante i quali si affrontano
diversi Sali e scendi (con l’ausilio delle immancabili scale
scavate nella pietra) e delle parti coperte da un paio di gallerie
sopra le quali scorrono rivoli d’acqua, che s’ingrosseranno
decisamente al nostro ritorno a causa delle abbondanti piogge di quei
giorni. Si giunge così all’ultimo strappetto, che da piccolo cimitero porta a Codera e al rifugio "La Locanda" in pochi minuti, attraverso una stradina.
Il
ritorno
Noialtri
il ritorno l’abbiamo fatto seguendo la strada dell’andata, quindi
nulla di nuovo. Tuttavia è possibile prendere il sentiero da San
Giorgio, cosa che non abbiamo fatto (e preferiamo non parlare di
camminate che non abbiamo effettivamente affrontato).
La
tempistica
Considerando
che abbiamo preso il sentiero alle 11:11 precise e siamo arrivati
alle 13:15, direi che ci vogliono un paio d’ore; di buon passo e
senza zaini pesanti come i nostri (dovevamo comunque stare su qualche
giorno) si può fare tranquillamente in un’ora e tre quarti, forse
addirittura per i più allenati in un’ora e mezza. Il sentiero in
sé globalmente non presenta particolari difficoltà; ancora, state
soltanto attenti a non scivolare. In certi tratti si fa un po’ di
fatica, ma nulla di che. Per il ritorno calcolate un’ora e mezza,
anche se noi ce ne abbiamo messe due perché veniva giù un diluvio
universale e il rischio di finire poco simpaticamente a culo in su
era molto alto - ad una certa, c’era così tanta acqua che in
discesa si era formato un piccolo torrente che ci veniva incontro.
Inoltre, in certi tratti il sentiero era interrotto da piccoli
ruscelli d’acqua - la Val Codera infatti è piena d’acqua e
quando piove bisogna stare un po’ più attenti - quindi datevi
un’occhiata al meteo prima di partire! Tuttavia, la fatica
aggiuntiva viene premiata: se dovesse piovere, guardatevi intorno e
notate le cascate spontanee che si formano lungo i pendii boscosi -
sembra un po’ di stare in quello che io immagino il Borneo…
Sandokan in versione Val Codera, non molto credibile, ma vabbè, è
solo situazionismo post-adolescenziale.
Cose&Robe
Dato
che la sezione del ritorno a ‘sto giro era particolarmente scarna,
diamo due notazioni su Codera e dintorni. Ora, per prima cosa: Paolo
e Flavio, due abitanti di Codera (il primo è gestore del rifugio "La
Locanda"), ci raccontavano che questa era fino a pochi decenni fa una
valle di contrabbandieri, poiché, proseguendo per il sentiero che
dopo Codera continua a salire, si arriva addirittura ad un passo (mi
pare del Monte Teggiolo se non sparo una cazzata, ma controllate)
che, all’altezza di circa duemila metri, permette di passare
direttamente in Svizzera tutto sommato abbastanza comodamente (“si
hanno solo le ginocchia in gola”, come ci riferì Flavio). Noi
diamo un’informazione, così, aggratis e ad minchiam, che
non si sa mai visto i tempi che corrono. Per quanto riguarda il
rifugio “La Locanda”: è sicuramente molto bello, al suo interno
c’è il Museo Etnografico di Codera, con molti oggetti che
contraddistinguevano in passato la vita quotidiana delle genti della
Valle; la vista dalla sala dove si mangia è fantastica e ci
permetteva di fare i pasti guardando la cima innevata del Manduì,
cioè il Manduino (chissà se l’ho scritto giusto). Si dorme in
camerate fatte in pietra e legno con letti a castello - il tutto
decisamente bello. Si scrive ciò non per far pubblicità,
semplicemente per darvi l’idea di cosa troverete arrivati a Codera,
paese che merita inoltre una breve esplorazione. Il piatto locale è
il taroz; al rifugio avrete probabilmente l’occasione di
provarlo. Sempre a “La Locanda” vendono anche grappa fatta in
casa: una bomba la grappa all’erba Iva - annusatela e sentirete i
profumi della montagna, bevetela e starete meglio.
Sulla
Val Codera e dintorni date un occhiata al sito dell’Associazione
Amici Val Codera:
Immagini
A 'sto giro il "grafico" ha venduto l'anima al diavolo e blogspot gli ha permesso di mettere le foto in ordine corretto.
Salita verso l'imbocco del sentiero |
Lago di Mezzola dall'alto |
La simpatica parete di granito |
Panoramica dal bosco alla parete di granito |
La scavatrice |
Verso Codera |
Panoramica di Codera |
Codera by night |
Ritorno in Borneo style |
Sentiero interrotto dall'acqua - a costo di essere pedanti: occhio a non scivolare! |